Le forme musicali
Le forme musicali
BARCAROLA
Il termine "barcarola" deriva da barcaiola (termine dialettale antico che indica i canti dei barcaioli) . Molto spesso si usano anche termini come gondoliera, gondola, barcarolle... per indicare il genere in questione.
Questo tipo di composizione è scritta in tempo a suddivisione ternaria e richiama il ritmo cadenzato del gondoliere che porta avanti il remo e poi lo spinge indietro. Musica cullante e mai concitata. Molti autori si sono cimentati in questo tipo di composizione: F. Chopin, con la sua celebre Barcarola in fa diesis maggiore; Felix Mendelsshon inserisce alcune Barcarole o Gondoliere nelle sue Romanze senza parole; Donizetti, con la barcarola Io son ricco e tu sei bella dall' opera “L’elisir d’amore”; Offenbach, con la sua Belle nuit dell’opera “Les contes d’Hoffmann” (usata nel film “La vita è bella” di Benigni).
CADENZA
Per cadenza, solitamente, si intende la risoluzione di un passaggio melodico-armonico che chiude una sezione oppure chiude del tutto un brano musicale.
In questa pagina vorrei soffermarmi sui passaggi virtuosistici, forma musicale "Cadenza", di carattere concertante che i solisti suonano verso la conclusione di un brano musicale orchestrale. Questi momenti di bravura sono: a volte composti dall'autore oppure lasciati a "libera improvvisazione" del solista.
Potete trovare diverse cadenze nel sito www.lvbeethoven.it (grazie agli autori ho potuto studiare anche queste bellissime pagine musicali).
In questa pagina trovate due esempi scritti da L.V. Beethoven (cadenza per il 1° e 3° movimento del Concerto KV488 di W.A. Mozart e cadenza (Hess79) sconosciuta per la prima versione del Concerto in si bemolle maggiore op. 19 di L. V. Beethoven) le cui schede tecniche potete leggerle direttamente nella descrizione del canale youtube "LvBeethovenpuntoit Ricerche Musicali" o direttamente sul sito www.lvbeethoven.it
I concerti (opere costituiti solitamente da 3 movimenti: Allegro- Adagio o Andante- Allegro) sono tanti, ma ce ne sono alcuni più amati di altri. Un esempio è dato dal KV466 di W. A. Mozart. Nel Classicismo non c'era l'usanza di scrivere le cadenze, lo stesso Mozart non le scrive, fatta eccezione del concerto KV488.
I concerti viennesi sono molto carichi emotivamente; il concerto KV66 sembra preannunciare il linguaggio beethoveniano e poi quello dei romantici e non a caso fu uno dei più eseguiti anche nell’Ottocento. La scelta della tonalità del re minore dona drammaticità e i contrasti interni di ritmo, melodia e armonia creano un discorso variopinto e fantastico. E’ indiscusso che il pubblico sia catturato dall’inizio alla fine: c’è un miscuglio di sentimenti ed emozioni che lascia senza respiro fino all’ultima nota.
Nel fitto epistolario di casa Mozart troviamo tracce di questo concerto.
Vienna, 16 febbraio 1785 Leopold scrive alla figlia Nannarel: “Venerdì scorso, verso l’una siamo arrivati al n. 846 Schullerstrasse, dove tuo fratello ha una sistemazione eccellente al secondo piano con tutti i mobili necessari […] Lo stesso venerdì sera, verso le sei, siamo andati al Mehlgrube […], il concerto era eccezionale, l’orchestra eccezionale. Oltre alle sinfoni, un cantante del teatro ha cantato due arie, poi è arrivato un “concerto per tastiera appena composto da Mozart (K. 466 in re minore) ”, che il copista stava ancora copiando quando arrivammo; e tuo fratello non ha avuto il tempo di riprodurre il rondeau perché doveva supervisionare il copista…”.
CONCERTO
Composizione musicale che vede un gruppo sostanziale di strumenti musicali, appartenenti a famiglie differenti, suonare insieme e avvicendarsi.
Nell'arco della dei secoli, precisamente dal 1500, si possono distinguere differenti tipologie di Concerto.
Perchè tale forma non è comparsa prima del periodo Rinascimentale? Tutto risiede in un percorso naturale che segue lo sviluppo degli strumenti musicali, dell'uso che se ne faceva e dei luoghi adibiti a fare e ascoltare musica. Ricordiamoci che il teatro, come luogo pubblico e adibito al presentare grandi spettacoli, nasce alla fine del 1500 in concomitanza alla nascita del Melodramma.
I Concerti, alle origini, erano momenti di ritrovo in case private oppure grandi sale, su invito. Gli inglesi li chiamavano Consorts, i tedeschi Collegia musica, e non mancavano le feste musicali delle corti, dei palazzi, delle accademie italiane. Se agli inizi si trattava di feste private, su invito, dal XVII secolo divennero pubblici e a pagamento.
Lo sviluppo storico del "concerto", come forma musicale, segue la nascita e lo sviluppo del basso continuo (L. Grossi da Viadana Concerti ecclesiastici,1602). Nella metà del XVII sec. si costituitì la forma del concerto barocco, a opera di A. Stradella, G. Torelli, A. Corelli e la scuola Veneziana. Nel periodo Barocco, molto utilizzata fu la forma del concerto grosso, in cui al gruppo orchestrale (grosso o ripieno) si contrapponeva il concertino (solisti più abili, in origine due violini e basso). Grazie a grandi nomi (G.F. Händel, A. Vivaldi e J.S. Bach) il concerto barocco assunse forma e l'organico strumentale si arricchì di nuovi timbri. Il concerto grosso si presenta in 3 tempi (Allegro-Adagio-Allegro).
Oltre al concerto grosso, vi era il concerto solistico, affermatosi nel Settecento, e che vede l'orchestra che si contrappone a un solo strumento: il solista.
L'orchestra si arricchisce sempre più, come organico e come timbrica. Dal periodo della Vienna classica, La struttura dei tre tempi rimaane invariata e il princio di costruzione dei tre tempi segue quello della Sonata, bitematica e tripartita. Solitamente, il primo tempo è scritto in forma Sonata, il secondo tempo è un adagio oppure aandante e il terzo tempo può assumere orma di Rondò, Scherzo, forma sonata....
A questo genere diedero un notevole contributo i musicisti italiani T. Albinoni, B. Marcello, A. Vivaldi e G.M. Alberti; un grande contributo lo dobbiamo anche ai grandi autori viennesi: W.A. Mozart, J.Haydn e L.v. Beethoven.
Per Mozart, il solista e l'orchestra si integrano in modo sublime; L. van Beethoven creò un rapporto solista-orchestra molto più complesso, riportandolo ad un linguaggio sinfonico; N. Paganini, S. Thalberg e loro contemporanei, diedero al concerto solista un'importanza assoluta alle qualità virtuosistiche del "solista". Approdiamo poi ai concerti romantici, a cui appongono la firma F. Chopin, R. Schumann, F. Mendelssohn, J. Brhams, P.I. Čajkovskij e F. Liszt.
Il filone neoclassico della musica contemporanea (Stravinskij, Hindemith, Bloch, Ghedini e Petrassi), di paripasso aalle sperimentazioni, ha riportato il concerto al significato originario: ‘musica d’insieme’, un tutt'uno per ricreare un effetto vario e ricco di sfumature.
FANTASIA
La Fantasia è un genere musicale libero dagli schemi formali. Nata in Italia tra Umanesimo e Rinascimento, si identifica come “forma” musicale destinata a esibizioni solistiche per strumenti a tastiera o a pizzico; successivamente si estenderà agli strumenti a fiato, arco e agli organici strumentali. Brano di carattere brillante e improvvisato che segue l’evolversi della prassi esecutiva e si presenta in duplice aspetto: allo stesso modo del preludio (l’arte del preludiare) oppure come brano di carattere imitativo (libero) simile al ricercare. Nel tardo Barocco si perdono le caratteristiche imitative, prevale la monodia sulla polifonia e si orna di passaggi virtuosistici.
L.v.Beethoven scrive la sua Fantasia op. 77, un brano che per essere descritto non può prescindere dal periodo storico e personale in cui fu concepita e pertanto è doveroso ricordare alcuni eventi.
Nell’autunno del 1808 il fratello di Napoleone, Gerolamo, propone al Nostro di ricoprire il posto di Maestro di cappella a Kassel. Ludwig rifiuta l’incarico e purchè rimanga a Vienna, i suoi tre principali protettori (l’arciduca Rodolfo, il principe Lobkowitz e il principe Kinsky) decidono di proporgli uno stipendio annuo di quattromila fiorini.
Il 1809 apre una nuova fase della produzione beethoveniana che lo vede impegnato in progetti e composizioni di grandi opere (l’ouverture per l’Egmont di Goethe, la Settima e l’Ottava Sinfonia; la Sonata per pianoforte op. 81 detta “Das Lebewohl”, i Quartetti op. 74 e op. 95, l’op.97, le Sonate per violino e pianoforte op. 90 e op. 96) e brani di varia natura, tra i quali la Fantasia in oggetto.
E’ probabile che questa Fantasia sia stata concepita nel dicembre 1808, come afferma C. Czerny, per lo stesso concerto in cui ha debuttato la sua Fantasia corale op.80, precisamente il 22 dicembre 1808 al Theater an der Wien: inizia con un'introduzione improvvisata del pianoforte, suonata dallo stesso Beethoven . Potrebbe essere stata proprio tale "Fantasia" ad originare l’opera in oggetto? Non esiste nessuna fonte scritta che ci dica perché è stata composta oppure per quale occasione. In ogni caso, completò l’op.77 in ottobre, dopo la firma dell'armistizio e presumibilmente durante o successivamente ad un soggiorno in Ungheria presso l’abitazione del conte Franz Brunsvik (dedicatario dell’opera) e sua sorella Therese. La Fantasia fu pubblicata nel novembre 1810 dall’editore Breitkopf & Härtel a Lipsia, a dicembre 1810 da Artaria a Vienna e ad agosto dello stesso anno da Clementi a Londra.
Mettiamo a confronto tre generi: PASSACAGLIA, CIACCONA E ECOISSAISE
La Passacaglia è la continua variazione di un tenor (concetto strettamente collegato alla musica medioevale e rinascimentale), vale a dire quell’antica vox principalis da cui derivano le altre voci stratificate, prima chiamate organa e poi linee melodiche sovrapposte. La polifonia fa da sfondo a tutti i generi musicali sino al Barocco e le “variazioni Golberg” di J.S. Bach ne sono l’emblema.
La Passacaglia fu utilizzata spesso da J.S. Bach, celebre il Crucifixus della Messa in Si minore, mentre Johannes Brahms la impiega per terminare le Variazioni su un tema di Haydn e nel IV movimento della Sinfonia n.4 (35 variazioni sul tema della cantata BWV 150 di J.S.Bach). In ambito dodecafonico, Hanns Eisler utilizza la Passacaglia, nei suoi Vierzehn arten den regen zu beschreiben, per il n. 10 "presto etude".
Molto simile alla Passacaglia è la Ciaccona, forma scelta da Beethoven per le sue 6 Ecoissaises WoO 83 e le bellissime e temutissime 32 variazioni in DO minore WoO 80. Anche la Ciaccona si basa sul principio del tema variato ma, a differenza della Passacaglia, che ha una forma più libera, si presenta più schematica. Le caratteristiche sono: danza dal carattere vivace e scherzoso in tempo ternario, melodia costruita su basso sincopato ostinato. Il basso che genera la Ciaccona è ancorato a regole ferree: rimbalza dalla tonica alla dominate in moto ascendente, discendente, cromatico oppure diatonico.
l'Ecoissaise, in italiano "scozzese", è una danza vivace in tempo binario diffusa in Francia nel XVI secolo, si distingue dall’anglaise perchè più veloce e per il passo alternato, come nella bourrée o polka. Molti compositori si sono cimentati nella scrittura di queste danze, tra i quali: L. van Beethoven, F. Schubert e F. Chopin.
Esperimento didattico
Le 6 Ecoissaises WoO 83 di L.v.Beethoven sono un esempio dell’evoluzione della Ciaccona, di cui ne riportano le caratteristiche: stesso basso per tutte le danze (variazioni) che saltella dalla tonica alla dominante, tempo ¾ e unitarietà della forma.
Il collante tra una danza e l’altra è il ritornello che si ripete sempre uguale dalla prima all’ultima.
Quest’opera risulta molto importante per la didattica perché fornisce al pianista principiante gli elementi tecnici basilari per imparare: a gestire peso/presa, capacità visuo-spaziale, tecnica sulle 5 note, doppie terze, passaggi per moto contrario variamente combinati (per salti e congiunti), comprensione della melodia variata e costruita sullo stesso basso e agilità nei movimenti.
Rebecca è una bambina di 10 anni che studia pianoforte da circa 2 anni e si è cimentata nello studio delle ecoissaises in questione.
Le ho posto alcune domande, per capire come ha "vissuto" lo studio. Ecco l'intervista:
1. Com’è stato studiare queste danze? Ti sono piaciute?
Quando ho iniziato lo studio delle danze ho avuto paura. Le avevo ascoltate e mi erano piaciute molto ma, nella pratica mi sono risultate difficili. La prima danza è stata abbastanza semplice anche se la mano sinistra i ha dato un po’ di problemi. Troppi salti… Andando avanti mi sono scontrata con la danza n.2 (ancora adesso ho paura di suonarla): gli arpeggi discendenti della mano destra e i salti della sinistra sono terribili. Le danze seguenti non mi hanno dato particolari problemi sino alla n.6: il passaggio dai salti ai passaggi a note congiunte congiunte non all’unisono e che salgono e scendono mi mettono in crisi!
2. Come hai affrontato lo studio dei brani?
Ho studiato moltissimo a mani separate, soprattutto i salti, e molto lentamente. Il ritornello mi ha dato un po’ di problemi e per imparare a sonarlo mi sono esercitata ad occhi chiusi e guardando il soffitto. Ho imparato che non devo pensare ad una mano per volta ma contemporaneamente a tutte e due e poi ho imparato che la gestione del peso, l’appoggio e il controllo dei movimenti sono fondamentali. Devo ancora studiarle e devo velocizzarle ma sono contenta del risultato ottenuto.
3. Consiglieresti ad altri bambini di studiare queste danzette?
Assolutamente si! Quando hai imparato a suonarle è divertente e i salti diventano un gioco.
4. Sapresti descrivermi le 6 Ecoisses con delle immagini?
“Non saprei… La prima è spensierata, mi sembra un bambino che salta e gioca; la seconda è un ballerino più pensieroso e incerto; la terza mi sembra una danza di coppia, saltellata e infatti la mano destra suona per terze; la quarta è più sentimentale e morbida; la quinta mi dà l’idea di un uccellino che saltella e l’ultima mi fa venire in mente un ballerino che balla al centro di un cerchio.”
5. Che cosa ti hanno insegnato queste danze?
A studiare in modo accurato, costante e soprattutto che i risultati arrivano un po’ per volta. Adesso non ho più paura di suonare i brani con i salti perché sto imparando a gestire la tastiera.
Sicuramente Rebecca continuerà ad esercitarsi e con il tempo imparerà a suonare molto meglio. Ecco il risultato dopo 2 mesi di studio.
MINUETTO
Danza scritta in tempo 3/4 di rigine francese (il nome deriva da "pas menu" vale a dire "passo corto, piccolo"). Danza di origine popolare e portata nella corte del Re Sole da J.B. Lully. Genere fortunato e amato, ballo aggraziato che si diffuse in tutte le corti europee.
Da danza singola è divenuta parte integrandte delle Suite strumentali e dei Movimenti di Sonate e Sinfonie. Haydn l'adottò spesso e figura come penultimo tempo delle sue sinfonie. Beethoven lo rielaborò e lo chiamo "scherzo", rendendolo più vivace e ritmato.
La struttura è tripartita: ABA, dove B è il TRIO (anticamente affidato all'esecuzione strumentale di archi oppure archi e fiati) e A è la danza.
SONATINA
La Sonatina è un forma musicale che si afferma nel periodo classico ma, nel Barocco si inizia già a delineare la struttura. Agli inizi, come la sonata, la forma era bipartita e monotematica. Le più celebri sono quelle scritte d F. Haendel. L'Illuminismo prestò molta attenzione a delineare le forme musicali e incontrastate furono Sonate e Sonatine, principalmente per strumento solista. M. Clementi, F. Haydn, W.A. Mozart, Beethoven e altri si dedicarono a questi generi e crearono delle vere e proprie opere d'arte.
Il termine "Sonatina" ci fa pensare ad un breve Sonata ed effettivamente lo è, ma non è detto che sia più facile di una Sonata ( mi viene in mente quella di Ravel).
Io definirei la Sonatina come "l'ossatura" della Sonata. Il nome di questa composizione deriva dalla struttura formale del 1° tempo: quello della forma sonata, A B A.
A è l'introduzione, vale a dire la presentazione del primo e del secondo tema;
B è lo sviluppo delle idee tematiche;
A la ripresa della prima parte ma, solitamente costruita sulla tonalità della dominante.
I tempi di un Sonatina, solitamente, sono 3: Allegro / Adagio o Andante / Allegro o Presto.
Questa forma musicale è stata largamente usata per scopi didattici da M. Clementi, J.L. Dussek, A. Diabelli, F. Kulhau ed altri.
CLICK HERE per ascoltare la Sonatina di Clementi op.38 n.1: tonalità di Sol maggiore e costituita da 2 tempi (Allegro e Andantino).
L'Allegro, tempo 4/4, è strutturato in 2 sezioni: le prime 41 battute costituiscono la parte A. Clementi presenta i due temi: il primo molto energico, protagonista assoluto di tutto l'Allegro, il secondo più pacato e delicato. Dall battuta 42 si riprende il tema iniziale, ora costruito sulla dominante, e Clementi costruisce lo sviluppo dell'introduzione fino a battuta 69 per poi ripartire dal secondo tema e approdare alla fine. Lo sviluppo, seppur di breve durata ricrea una bella cantabilità e inserisce difficoltà ritmico/tecniche non d principianti.
L'Andantino, tempo 3/4, presenta difficoltà di bimanulità dovute agli incastri quartina/terzina. E' scritto in forma di Minuetto: la mano sinistra galoppa sui trenini di terzine dall'inizio alla fine e la destra disegna linee melodiche giocando con ritmo e fraseggio. La parte centrale, facilmente riconoscibile è il Trio: parte da battuta 18 e inizia una serie di modulazioni (LA - mi minore - DO - la minore - SOL) fino alla ripetizione del Minuetto a battuta 34.
SONATA
Con il termine "sonata", nel Barocco, si indicò una composizione che doveva essere suonata e non cantata.
Agli inizi si delinearono 2 tipi di Sonata:
1. La Sonata da camera (simile alla Suite. Era composta da una serie di danze)
2. La Sonata da chiesa (brani da eseguire in chiesa a cui non si davano dei titoli con parole e aggettivi che indicavano le velocità di esecuzione: allegro, adagio, andante, presto, vivace...).
Dalla sonata da chiesa è derivata la sonata moderna. Per lo sviluppo di questa forma musicale è stato determinante Domenico Scarlatti. Nato a Napoli nel 1685, figlio di Alessandro Scarlatti, abile clavicembalista e compositore che operò in Spagna per i reali. Ha scritto più di 500 sonate per clavicembalo. Molte di queste sonate hanno struttura monotematica e bipartita. Si tratta di composizioni brevi, dalle melodie orecchiabili e ritmi brillanti. Le sonate erano degli esercizi composti per le sue lezioni a Maria Barbara, la principessa spagnola. Alcune presentano carattere di danza, altre sono più lente e meditative, altre ancora sono scritte in stile fugato o sono delle vere e proprie fughe. In alcune di queste sonate si manifestano intuizioni che troveranno realizzazione nelle sonate dei periodi successivi: la presenza di un secondo tema e di una struttura tripartita.
Nel Classicismo si arriva così alla "Sonata": composizione piuttosto complessa, per pianoforte o per altro strumento solista accompagnato dal pianoforte, composta da 3/4 brani, chiamati “tempi” oppure “movimenti”. J. Haydn, W. A. Mozart, M. Clementi, L.v. Beethoven, Schubert ed altri si dedicano molto a questo genere e ne determinano la forma.
Il primo tempo ha andamento Allegro ed è bitematico e tripartito. I due temi hanno caratteri diversi e anche costruiti su tonalità differenti: il secondo è costruito nel tono della dominante rispetto al primo, oppure nel relativo maggiore se il primo è in una tonalità minore. I due temi sono legati dal Ponte modulante, cioè un episodio collante. Al secondo tema segue la “codetta”, breve episodio conclusivo. La forma è tripartita: esposizione, sviluppo, ripresa.
Il secondo tempo è di solito un: adagio, andante oppure largo. Ha carattere melodico e cantabile e pertanto richiede una ricerca del tocco ed espressività. La struttura prevalente è quella della "Canzone", vale a dire A-B-A+coda. A volte il secondo tempo può presentarsi anche sotto forma di Tema e variazioni oppure di Pastorale o altre forme.
Il terzo movimento può presentarsi come Minuetto (oppure più tardi Scherzo, con Beethoven), è in tempo ternario (3/4 ad esempio) ed è a sua volta strutturato in 3 episodi: Minuetto – Trio – da capo il Minuetto. Se le sonate sono formate solo da 3 tempi, spesso è proprio il minuetto la parte mancante.
Il quarto movimento ha andamento brioso e vivace, spesso virtuosistico. Solitamente presenta la struttura del Rondò: A-B-A-C-A+coda.
L.v.Beethoven modifica la struttura del Rondò: A-B-A-C-A-B-A+coda, detta anche “Rondò-sonata” poiché presenta tratti comuni sia al Rondò, sia al primo movimento della Sonata.
NOTTURNO
Giuseppe Martucci (Capua, 6 gennaio 1856 – Napoli, 1 giugno 1909) è stato un compositore, pianista e direttore d'orchestra italiano.
Bambino prodigio che a soli 8 anni si esibiva in concerto come pianista, compì i suoi studi al conservatorio di Napoli sotto la guida del grande Beniamino Cesi e Paolo Serrao per la composizione.
Nel 1880 fu docente al Conservatorio di Napoli e nel1886 fu nominato direttore del Conservatorio di Bologna. Tra i suoi allievi si ricorda Ottorino Respighi per la composizione e Giovanni Anfossi (maestro di Arturo Benedetti Michelangeli) per il pianoforte.
La sua musica, in un'Italia presa dal Melodramma, sembra una perla rara. Si dedica principalmente alla composizione di brani per pianoforte e orchestra. Nella sua musica si avverte un gusto tipicamente tardo romantico; sonorità che richiamano quelle di Wagner, Brahms, Listz e Mahler.
Il Notturno op.70 in SOLb è un brano originariamente scritto per pianoforte e successivamente orchestrato. Il grande Arturo Toscanini amava molto i brani del Martucci che inseriva all'interno dei suoi concerti.
Il brano in questione è molto enigmatico. Un tema principale che compare all'inizio del brano e che si ripete più volte è accompagnato da un ritmo sincopato e da temini che compaiono qua e là quasi a sottolineare delle vicende surreali. Suonando il brano si ha l'impressione di entrare in un tunnel temporale, come se ci si stesse imbattendo in qualcosa di trascendente, surreale. Il clima che creano queste sonorità soffuse e continue: scrittura polifonica con le voci che susseguono e si alternano. Elementi di sorpresa che sanno di impressionismo e ricerca sonora continua. Sembra quasi una colonna sonora.
STUDIO
Lo studio è un brano dedicato ad uno oppure più tipologie di tecniche. La forma di questi brani può variare e a seconda del livello pianistico, varia anche la difficoltà. Solitamente questo genere è scritto per strumento solista. Molto carini sono studi per pianoforte a 4 mani (per la didattica di base): i 40 studietti melodici di A. DiAbelli, quelli C. Reinecke (scritti in forma di sonatine), più evoluti gli studi di Bertini.
La tecnica pianistica è nata con lo strumento e pertanto quella che l'ha preceduta è stata la tecnica clavicembalistica. Se consideriamo che i primi esemplari di pianoforti risalgono ai primi decenni del 1700, mi prendo la responsabilità di dire che la prima grande scuola dedicata allo strumento è stata quella di Muzio Clementi. Quest'ultimo ha scritto studi per tutti i livelli. Da non trascurare il libro di "Preludi ed esercizi" in tutte le tonalità (per la tecnica delle scale) per poi approdare ai capolavori contenuti nel "Gradus ad Parnassum". Clementi è stato un grande cultore e ricercatore delle forme musicali e sfogliando i due volumi si trovano "studi" per tutti i gusti, un vero capolavoro e abecedario di tecnica avanzata.
Clementi esplorò appieno il mondo pianistico, a Londra, fondò anche una fabbrica di pianoforti. Nelle sue composizioni si esplorano i contrasti dinamici, le variazioni timbriche e l'uso dei pedali. La differenza dai clavicembalisti-compositori coevi fu che se costoro intuirono le possibilità del fortepiano, Clementi comprese la diversità della tecnica da applicare perchè la meccanica era differente. Il Maestro abbandonò l'uso eccessivo di abbellimenti, ad eccezione del trillo (di cui ne fa largo uso), arricchì il linguaggio con doppie terze, doppie seste, ottave e passaggi di bravura. L'ambito dei brani si estese sempre più e si aprì la strada al virtuosismo. Grandi pianisti e didatti contribuirono a diffondere e ampliare il metodo di Clementi (Bertini, Cramer, Czerny, ecc...) efficace e anello indispensabile per la tecnica virtuosistica di Chopin, Listz... e la scuola russa.
SUITE
Insieme di brani, perlopiù danze, che hanno in comune la tonalità d'impianto ma, non il carattere. Forma di origine rinascimentale e utilizzata molto in epoca barocca soprattutto in Germania, Francia, Inghilterra. Nella Forma, non devono mai mancare quattro danze: allemanda, corrente, sarabanda e giga. A queste danze se ne possono aggiungere altre oppure ci può essere un’ouverture, una toccata, un preludio, una fantasia...
Molto note le suite inglesi, francesi e tedesche (partite) di J.S. Bach.
A cavallo tra i secoli XIX e XX, la suite venne intesa come insieme di musiche tratte da balletti. Si pensi allo schiaccianoci di P.I. Čajkovskij e altri capolavori del balletto russo.
TEMA E VARIAZIONI
La forma musicale prediletta dai musicisti Settecenteschi che è stata fonte di "sfide" musicali tra Titani del piaanoforte.
Il primo punto fondamentale è il TEMA. Si tratta di una melodia orecchiabile, semplice e lineare che diventa oggetto di "manipolazione" da parte del compositore-strumentista.
Questa forma musicale appartiene al genere improvvisato. Molto spesso diventava un vero e proprio "gioco" durante le serate musicali tenuti dapprima nei salotti privati e successivamente nei luoghi adibiti ad esecuzioni pubbliche.
Questa forma lascia libero sfogo al musicista ma, la regola di fondo è quella che il numero delle battute dev'essere sempre quello previsto dal TEMA iniziale, ad eccezione dell'ultima Variazione che prevede un MIX di tutte le variazioni, un richiamo continuo del TEMA e una coda (cadenza) di bravura.
Le variazioni, cioè rielaborazioni del TEMA, giocano con il ritmo, con i timbri, con la polifonia.... Il numero delle variazioni varia, non è fissato e anche la difficoltà tecnica.
La tendenza è quella di allontanarsi sempre più dal TEMA, portarlo nella tonalità minore (rendendo il tema drammatico e lento), per poi riavvicinarsi sempre più al TEMA iniziale e chiudere in bellezza con la CODA (che farà sempre riferimento agli elementi tematici).
Vi riporto alcuni esempi. Guardando gli spartiti potrete capire cosa avviene.
IMPROVVISO o Impromptu
Il termine “Improvviso” fu riportato per la prima volta nel 1817 dall’ Allgemeine musikalische Zeitung, per indicare un brano per pianoforte del boemo Jan Václav Voříšek (1791-1825). Tale composizione fu pubblicata nel 1822 come Impromptu op. 7.
Una forma "plastica" più che libera. A partire dallo Sturm und Drang e per tutto il Romanticismo, gli improvvisi divengono sinonimo di libera espressione. Su Britannica.com l'improvviso è descritto come "l'illussione di un brano nato dall'improvvisazione spontanea".
Le strutture, vale a dire le forme, che solitamente si adattano a questo tipo di composizione, sono quella tripartita ABA oppure quella del Rondò. Lo stile è molto vicino ad altre forme musicali coeve: bagatelle, capricci, fantasie... Paradossalmente potrebbe anche non avere una forma fissa, come nella musica contemporanea.
Molto celebri gli improvvisi op.90 e l'op.142 di F.Schubert oppure quelli di Chopin (compresa la postuma Fantasia-improvviso).
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